La storia di Cala Gonone
La massima attrattiva, per gli antichissimi abitanti del la terra, era la sicurezza, e ad essa era generalmente unita la bellezza. Cala Gonone sposava l’una e l’altra, con il suo mare, le sue grotte, le sue codule, i suoi boschi di lecci, con i monti che si protendono verso il mare, abbracciandolo con volontà protettiva. Sembra che in questa conca si siano trovate orme di organizzazione umana che risalgono al quinto millennio circa a.C. Con sicurezza si trovano tracce di tali insediamenti nel 3000 a.C. fino alla nascita e alla esplosione della civiltà nuragica dal 2000 al 1000. Rimangono come documenti di questo ultimo periodo il villaggio nuragico di Nuraghe Arvu e quello di Nuraghe Mannu; il Nuragheddu, a poca distanza dal precedente; il nuraghe La Favorita.
Nel villaggio di Nuraghe Mannu fu innalzato un tempio nuragico distrutto dai Romani. Nella zona di Gonone passarono i Fenici (600 a.C.); i Punici (500); e soprattutto i Romani, della cui volontà di potenza e di invasione, nonché della fierezza e dell’amore alla libertà dei nostri antenati rimangono, come segni, i villaggi costruiti da questi ultimi in luoghi particolarmente impervi ed inaccessibili.Nel 900 d.C. probabilmente vi sbarcarono anche i pirati. Significativi, a questo riguardo, due fatti:a) Il monte che separa Dorgali dal mare, ha nome Bardia, cioè «Guardia», forse a indicare la sicurezza che esso garantiva contro ogni forma di invasione o di incursione.b) Dorgali inoltre non ha mai avuto un pescatore di professione, che la dice lunga sulla diffidenza dei suoi abitanti nei confronti di questo pur bellissimo tratto di mare. Si aggiunga la mancanza di collegamenti diretti tra le due località, ciò che si ebbe solo con la prima galleria del 1860 e di quella attualmente in funzione, dal 1928. Si può dire che le due gallerie aprirono, seppur timidamente, Gonone al mondo.
CALA GONONE DAL 700 AD OGGILA CHIESETTA
Il Medio Evo e i Giudicati non dicono nulla su questo lembo di terra e di mare. Nel Settecento, a cento metri dal dirupo che domina la spiaggia centrale e tutto l’arco del golfo, venne eretta una chiesetta stile sardo-barocco, che a sua volta dominava i vari ciuffi di case che lentamente, a partire dalla fine dell’Ottocento venivano formandosi, degradanti verso il mare. Esse erano state costruite, per opera di abbienti famiglie dorgalesi che avevano scoperto questo angolo di mondo, unico per la loro voglia di pace.
IL COMMERCIO
La chiesetta e le prime abitazioni sono il segno della vita che sta riprendendo. Commerci di vino e formaggi, trasportati da terra per mezzo di cavalli in un primo tempo e anche per mezzo di carri da quando incominciò a funzionai la vecchia galleria, alla quale si accedeva, dal lato ovest, per una caratteristica quasi inaccessibile carrabile chiamata «Scala Homines». Le merci venivano prelevate e portate oltre l’isola da capaci bastimenti che i vecchi ricordano col nome di Ichnusa e Tirrenia, i quali attraccando a un rudimentale pontile in legno che si protendeva sul mare per circa 50 metri, vi scaricavano pasta, farina, zucchero, nonché utensili da cucina. Le fittissime foreste dell’immediato entroterra, davano la possibilità, a incominciare dalla fine del diciannovesimo secolo, della produzione di carbone, che, lavorato in loco in modo artigianale, veniva commerciato sia nell’isola come nel continente. Ancora oggi, prima che la barca attracchi a Cala Mariolu, si nota sulla costa una scala di ferro, «sui cui gradini — informa una guida del Consorzio Trasporti Marittimi di Cala Gonone — salivano dalle navi i predatori, che dopo aver distrutto l’intero bosco di lecci secolari, si portavano via il carbone, rovesciandolo a fiumi sulle navi, verso i lidi del continente».
IL PRIMO TURISMO
Il primo assaggio di turismo Gonone lo offrì nell’immediato dopoguerra, col cedere in affitto, generalmente per un paio di settimane, stanze delle pochissime abitazioni esistenti; ma soprattutto permettendo a famiglie pro venienti da Dorgali, da Nuoro, e soprattutto da Oliena, di costruire, sotto olivastri o a due passi dalla spiaggia (Palmasera), una fitta serie di capanne, ottenute con frasche di oleandri e cisto intrecciate fra loro. Tali famiglie arrivavano a Gonone di solito con i carri a buoi, con tutte le masserizie e le provviste occorrenti per il periodo programmato, ma di solito integravano con merci del luogo, quali il carbone, il pane «carasau» di Dorgali e il pesce dei Ponzesi. Ma già prima dell’ultima guerra, le case degli abbienti dorgalesi venivano utilizzate per un turismo da élite, con tanto di «bagnetto» privato nella spiaggia centrale, una specie di stabilimento balneare a livello famigliare, formato da un rettangolo a vaschette in cemento immerso nelle acque, sormontato da una costruzione in legno tipo palafitta. La costruzione è saltata in aria nell’ultima fase della guerra, in quanto scambiata forse per un arsenale bellico.
Negli anni Cinquanta le prime timide visite alle Grotte del Bue Marino (foca monaca), con gruppi di speleologi quali quelli del gesuita P. Furreddu e dell’ingegner Giacobbe. Chi scrive ha partecipato a qualcuna di queste visite, e ricorda passaggi, oggi varchi comodi e larghi, prima cunicoli dove si poteva passare solo pancia a terra. La Pro Loco aveva attrezzato un’ardita parete a picco sul mare, di una scala a pioli mobili, per agevolare l’ingresso alle grotte per queste carovane che provenivano via terra, con partenza da Cala Fuili. Quanto in merito si fa oggi col Consorzio delle barche è sviluppo dell’opera coraggiosa di quei pionieri.